PITTURA
Ho iniziato a dipingere non sapendo di poterlo fare ma facendolo, ho capito che era quello il mio unico modo per comunicare ed esprimermi liberamente.
PRIMO PERIODO
All’età di 22 anni, nel 1980, ho descritto i miei lavori dicendo che a volte, uno sguardo, può esprimere ciò che si sente ma spesso, un gesto fermato sulla tela, basta a far capire quanto di grande ci sia nel mondo: quanto grande sia il mondo.
Ero convinta di poter parlare in modi diversi ed io parlavo dipingendo, fermando sulla tela un momento di vita, vita come espressione di un susseguirsi di attimi, attimi diversi l’uno dall’altro ma ricollegati ad una sola espressione: la mano.
La mano per me era sguardo, voce, pensiero, era tutto ciò che poteva parlare: era la mia espressione linguistica.
PRIMO PERIODO
All’età di 22 anni, nel 1980, ho descritto i miei lavori dicendo che a volte, uno sguardo, può esprimere ciò che si sente ma spesso, un gesto fermato sulla tela, basta a far capire quanto di grande ci sia nel mondo: quanto grande sia il mondo.
Ero convinta di poter parlare in modi diversi ed io parlavo dipingendo, fermando sulla tela un momento di vita, vita come espressione di un susseguirsi di attimi, attimi diversi l’uno dall’altro ma ricollegati ad una sola espressione: la mano.
La mano per me era sguardo, voce, pensiero, era tutto ciò che poteva parlare: era la mia espressione linguistica.
SECONDO PERIODO
Successivamente dal 1986, la mia attenzione si è rivolta allo sguardo dell’uomo che veste il proprio volto con una maschera per nascondere ogni verità.
È così che la rivista NOTIZIARIO D’ARTE, recensisce: “qualcuno l’ha definita la pittura del periodo delle maschere, quella delle opere prodotte da Adriana Abbate in un arco di tempo piuttosto limitato, a cavallo del 1990.
In realtà sarebbe più giusto parlare di uomo – maschera, perché le figure a cui ella da corpo, nascono dalla piena padronanza dell’anatomia, anche se sono sfigurate da scelte di segni e geometrie che vogliono travalicare la materia per visualizzare portamenti essenziali.
Perciò quei volti, segnati dai tagli incrociati dei cromatismi forti, rimangono centrali nel discorso pittorico della nostra artista, non diventano mai involucro, mai maschera, non fosse altro per quella scelta precisa di dipingere gli sguardi.
Sono sguardi che scrutano, penetrano, trafiggono e svelano il tumulto dei sentimenti o, al contrario, l’assenza di sentimenti: una scelta conflittuale di piani che prelude alla costruzione scultorea”.
È infatti prima di prendere in mano martello e scalpello per colpire con rabbia che scrivo
Uomo…
ti rendi conto?
Sei marmo: non sei amore.
Sei ghiaccio: non sei mare.
Sei freddo: non sei sole.
Per questo il tuo costume
rimane lì impeccabile:
sei solo un manichino
che vive per nutrirsi di odio e di rancore,
che vive nel suo mondo…
un mondo troppo scuro per essere il mio mondo.
Successivamente dal 1986, la mia attenzione si è rivolta allo sguardo dell’uomo che veste il proprio volto con una maschera per nascondere ogni verità.
È così che la rivista NOTIZIARIO D’ARTE, recensisce: “qualcuno l’ha definita la pittura del periodo delle maschere, quella delle opere prodotte da Adriana Abbate in un arco di tempo piuttosto limitato, a cavallo del 1990.
In realtà sarebbe più giusto parlare di uomo – maschera, perché le figure a cui ella da corpo, nascono dalla piena padronanza dell’anatomia, anche se sono sfigurate da scelte di segni e geometrie che vogliono travalicare la materia per visualizzare portamenti essenziali.
Perciò quei volti, segnati dai tagli incrociati dei cromatismi forti, rimangono centrali nel discorso pittorico della nostra artista, non diventano mai involucro, mai maschera, non fosse altro per quella scelta precisa di dipingere gli sguardi.
Sono sguardi che scrutano, penetrano, trafiggono e svelano il tumulto dei sentimenti o, al contrario, l’assenza di sentimenti: una scelta conflittuale di piani che prelude alla costruzione scultorea”.
È infatti prima di prendere in mano martello e scalpello per colpire con rabbia che scrivo
Uomo…
ti rendi conto?
Sei marmo: non sei amore.
Sei ghiaccio: non sei mare.
Sei freddo: non sei sole.
Per questo il tuo costume
rimane lì impeccabile:
sei solo un manichino
che vive per nutrirsi di odio e di rancore,
che vive nel suo mondo…
un mondo troppo scuro per essere il mio mondo.